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Non è normale che sia normale!

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Non è normale che sia normale!

Il Canto delle donne

Io canto le Donne prevaricate dai bruti

la loro sana bellezza, la loro ‘non follia’

il canto di Giulia io canto riversa su un letto

la cantilena dei Salmi, delle anime ‘mangiate’

il canto di Giulia aperto portava catene pesanti

la folgore di un codice umano disapprovato da Dio.

Canto quei pugni orrendi dati sui bianchi cristalli

il livido delle cosce, pugni in età adolescente

la pudicizia del grembo nudato per bramosia.

Canto la stalla ignuda entro cui è nato il ‘delitto’

la sfera di cristallo per una bocca ‘magata’.

 

Canto il seno di Bianca ormai reso vizzo dall’uomo

canto le sue gambe esigue divaricate sul letto

simile a un corpo d’uomo era il suo corpo salino

ma gravido di amore come in qualsiasi donna.

 

Canto Vita Bello che veniva aggredita dai bruti

buttata su un letticciolo, battuta con ferri pesanti

e tempeste d’insulti, io canto la sua non stagione

di donna vissuta all’ombra di questo grande sinistro

la sua patita misura, il caldo del suo grembo schiuso

canto la sua deflorazione su un letto di psichiatria,

canto il giovane imberbe che mi voleva salvare.

 

Canto i pungoli rostri di quegli spettrali infermieri

dove la mano dell’uomo fatta villosa e canina

sfiorava impunita le gote di delicate fanciulle

e le velate grazie toccate da mani villane.

Canto l’assurda violenza dell’ospedale del mare

dove la psichiatria giaceva in ceppi battuti

di tribunali di sogno, di tribunali sospetti.

 

Canto il sinistro ordine che ci imbrigliava la lingua

e un faro di marina che non conduceva ad un porto.

Canto il letto aderente che aveva lenzuola di garza

e il simbolo-dottore perennemente offeso

e il naso camuso e violente degli infermieri bastardi.

Canto la malagrazia del vento traverso una sbarra

canto la mia dimensione di donna strappata al suo unico amore

che impazzisce su un letto di verde fogliame di ortiche

canto la soluzione del tutto traverso un’unica strada

io canto il miserere di una straziante avventura

dove la mano scudiscio cercava gli inguini dolci.

 

Io canto l’impudicizia di quegli uomini rotti

alla lussuria del vento che violentava le donne.

Io canto i mille coltelli sul grembo di Vita Bello

calati da oscuri tendoni alla mercè di Caino

e canto il mio dolore di esser fuggita al dolore

per la menzogna di vita

per via della poesia.

 

Alda Merini (Da Testamento, 1988)

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